Ci sono momenti in cui il corpo smette di essere un mezzo e diventa un messaggio.
Quando succede, la cura non è più un insieme di regole o abitudini, ma è ricerca e ascolto delle delle vere esigenze del corpo e dell'anima, scartate di tutte le contaminazioni della società, dell'ego, delle nostre paure.
La storia di Aurora di Intra Eroa inizia da una diagnosi, ma parla soprattutto di riconciliazione con il proprio corpo, con il movimento, con le ambizioni, con l'immagine di sè.
In questa prima puntata di I am Natural Stories, ci racconta come il Morbo di Crohn sia diventato sorprendentemente un maestro e un'opportunità.
Una conversazione bellissima sul potere prezioso della cura personale.
Nel 2018 ti è stato diagnosticato il Morbo di Crohn, qual è stata la tua prima reazione? È cambiato il tuo approccio verso la malattia nel tempo?
Mi sono sentita impaurita e disarmata. Mi identificavo nella malattia, non ero più Aurora ma il morbo di Crohn. Avevo paura di come si sarebbe evoluta e non accettavo il fatto di essere diventata una malata a vita dato che questo è una malattia cronica. Ma col tempo qualcosa è cambiato. Ho capito che quella malattia non era tutta me, era solo una parte, una sfumatura nel mio disegno più grande. Ho imparato che l’unica strada verso la serenità era accoglierla, non come una condanna, ma come una prova, un tratto del cammino. Un compagno difficile, sì, ma capace di insegnarmi tanto. Prima di tutto, a volermi bene davvero.
Lo sport e il movimento sono sempre stati al centro della tua vita: atleta agonista, laurea in scienze motorie, osteopata, insegnante. Immagino che, prima della diagnosi, ci sia stato un periodo in cui percepivi i sintomi senza però capire a cosa fossero dovuti, come hai vissuto quei momenti? Come hanno impattato sul tuo rapporto con il corpo?
Lo sport ha sempre fatto parte della mia vita, non lo vedevo come una cura: era semplicemente il mio respiro quotidiano, un’abitudine che dava ritmo alle giornate, uno svago che amavo. I mesi prima della diagnosi sono stati i più duri. Avevamo appena cambiato squadra ed era un momento decisivo per me: venivo dalla mia stagione migliore e sentivo forte il bisogno di dimostrare chi ero, di confermare il mio valore. Ma il corpo me lo impediva: il mio corpo ha iniziato a ribellarsi. Dolori addominali improvvisi, articolazioni gonfie e intanto perdevo peso — più di cinque chili, come se stessi svanendo a poco a poco. Alla fine, sono stata costretta a fermarmi. È stato un colpo durissimo, difficile da accettare. Per la prima volta, lo sport non era più libertà. Era diventato qualcosa da cui dovevo prendere le distanze.
Il movimento è diventato un elemento centrale della tua cura, come è cambiato il tuo modo di muoverti? Puoi raccontarci una routine che trovi particolarmente utile?
Dopo la diagnosi, ho capito che il mio corpo — e la mia mente — avevano bisogno di un altro tipo di cura, di un’attenzione più gentile, più consapevole. Ho scelto di non forzarlo più, ma di ascoltarlo davvero, di seguirne i ritmi, anche quelli più lenti. Ho iniziato a muovermi in modo diverso. A respirare con intenzione. Lo yoga è entrato nella mia vita e piano piano ha trasformato tutto. In quel silenzio fatto di respiro e presenza, ho trovato la chiave del mio benessere: l’ascolto profondo. Non si trattava più di resistere, ma di accogliere. Non di combattere, ma di comprendere. Col tempo, anche grazie ai miei studi, mi sono avvicinata sempre di più a un modo diverso di muovermi: un movimento intuitivo, primordiale, che lavora in profondità, sulla fascia, sulla mobilità, su ogni angolo del corpo dimenticato. Non più esercizio imposto, ma ascolto, presenza, fluidità. Oggi la mia routine preferita è semplice e piena di senso: mi sveglio, respiro, e lascio che il corpo mi dica di cosa ha bisogno. A volte è yoga, altre solo qualche gesto libero, morbido, senza regole né schemi rigidi. Un incontro con me stessa, ogni mattina, senza aspettative — solo presenza.
Per chi non riesce a fare movimento in modo costante, quali sono 2-3 gesti realistici da cui partire?
So bene quanto possa sembrare difficile integrare l’attività fisica nella propria vita, soprattutto quando non si è abituati. Ma a volte basta davvero poco per cambiare prospettiva. Il mio consiglio è quello di cercare qualcosa che ci piaccia davvero. Non serve partire in grande: una passeggiata nel parco, qualche respiro nella natura, venti minuti di mobilità per risvegliare il corpo, o una lezione di yoga fatta con dolcezza. È da lì che inizia il cambiamento. Perché il movimento, come per l’osteopatia, è vita e non agisce solo sul corpo — lavora anche sulla mente, sull’umore, sul nostro modo di affrontare le giornate. E quando ci accorgiamo di quanto bene ci fa, non sarà più un dovere, ma un atto d’amore verso noi stessi.
Il corpo ci parla sempre, quali segnali ascolti oggi — e come rispondi loro nella pratica?
Chi convive con una patologia intestinale sviluppa, col tempo, una profonda interocezione —una sensibilità interiore sottile, che ci insegna ad ascoltare ogni piccolo segnale del corpo. Impariamo a riconoscere quando siamo stanchi e abbiamo bisogno di fermarci, e quando, invece, è il movimento a poterci restituire energia. Prestiamo attenzione alle sensazioni che emergono durante e dopo un pasto, alle risposte del nostro corpo, ai suoi ritmi. Tutto diventa un dialogo silenzioso, un invito ad abitare il corpo con più presenza e consapevolezza.
C’è stato un prodotto naturale che ti ha accompagnata nel tuo percorso?
C’è sempre stato uno stretto legame tra il mio corpo e la natura, sono nata e cresciuta in un paesino dell’appenino tosco-emiliano e per questo sento un richiamo molto forte verso tutto ciò che è naturale. Tra le scoperte che più mi hanno affascinata ci sono senza dubbio i funghi adattogeni. Nel mio percorso con la salute intestinale, si sono rivelati dei veri alleati: intelligenti, profondi, con una capacità quasi intuitiva di sostenere il corpo dove serve.
Come nasce “Intra Eroa” e che tipo di benessere racconta?
Intra Eroa nasce per raccontare un benessere che è ricerca, ascolto, ma anche semplicità: un ritorno alle cose essenziali, a pratiche quotidiane che ci ricordano che siamo parte di un tutto, in costante evoluzione. Intra= dentro Eroa= io. È ciò che si trova dentro me, dentro voi, dentro noi. È per essere un po’ più consapevoli, per capirsi, conoscersi ed ascoltarsi. Che il nostro corpo non mente, mai. È consiglio, storia, tanto coraggio e un po’ di paura che tanto quella c’è sempre e dobbiamo farcela amica. Intra Eroa è quella che sono io, che sento, che mi sento di raccontare, che tutti abbiamo bisogno di aggrapparci a qualcosa per sentirci un po’ meno soli. Che imparare a dedicarci e donarci tempo è la cosa più importante, soprattutto nei periodi duri, cattivi, perché forse è vero che siamo la nostra stessa medicina. Intra Eroa nasce per tutto questo, per prendersi tempo, fermarsi e osservare. Nasce anche per tutti coloro che hanno bisogno di un po’ di speranza in piu.
La cura di sé non ha regole: qual è quel gesto un po’ strano, ma che per te funziona?
Forse quello che faccio non è ancora del tutto compreso o condiviso da tutti. Dai bagni freddi nei laghi e nei fiumi,al lavoro profondo sulla fascia e sul diaframma, fino al semplice gesto del bere acqua e aceto di mele ogni mattina. A qualcuno può sembrare strano, fuori dagli schemi. Ma per me è tutto parte di un’unica ricerca: quella del mio equilibrio, della mia energia, del mio benessere. Mi piace sperimentare, ascoltare, osservare come reagisce il mio corpo. Non seguo dogmi, ma sensazioni. Perché credo che ogni corpo parli una lingua unica, e il mio compito sia imparare ad ascoltarla, ogni giorno un po’ di più.
Monica - Founder IamNatural.it
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